Insieme per una ecologia integrale

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Perché We&Creation? Perché i Missionari della Consolata e Impegnarsi Serve riconoscono i soprusi perpetrati sulla foresta amazzonica e sui suoi abitanti e si impegnano a far conoscere e apprezzare gli insegnamenti della cultura indigena.

Convegno We & Creation – Liceo Manzoni, Milano

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Milano, 5 ottobre 2015
La squadra di volontari si muove con alacrità e coordinamento e in poco tempo la mostra We & Creation è pienamente compiuta: ambientazioni allestite, luci sincronizzate, tempi video programmati. La fatica nei due giorni è tanta ma alla fine… che bello!
Ma perché We&Creation? Perché i Missionari della Consolata e Impegnarsi Serve riconoscono i soprusi perpetrati sulla foresta amazzonica e sui suoi abitanti e si impegnano a far conoscere e apprezzare gli insegnamenti della cultura indigena. Qual miglior modo di una mostra per dar voce a tale cultura! E allora è stato pensato, progettato e riprogettato, allestito con fantasia e ingegno un percorso suddiviso in sezioni in grado di coinvolgere i visitatori in tutti i “sensi”. Nessuno resiste ad un ultimo giro, per la verifica finale certo ma anche per puro piacere. Un’ultima spazzata e già si pensa al Convegno.

La scuola è moderna, luminosa e accogliente; in aula magna, ben attrezzata e funzionale, sciamano studenti e professori e in poco tempo si riempie. Oratori al posto, si comincia! Dopo il caldo benvenuto del preside Prof. Giuseppe Polistena, che presenta l’iniziativa e la contestualizza nei programmi di apertura all’internazionalità da sempre portati avanti dal liceo linguistico, padre Rigamonti introduce i temi e presenta i relatori, in particolare padre Lino Tagliani antropologo e missionario.

Tagliani

La personalità accattivante di padre Lino è subitamente percepita, il ghiaccio è rotto e gli studenti sono attenti e rapiti dal viaggio che stanno per intraprendere. Si va per l’Amazzonia Colombiana, nelle sue parti più nascoste e impervie, difficilmente raggiungibili se non tramite navigazione su fiumi placidi ma insidiosi, all’incontro con il diverso, con l’altro, con gli Indios Nasa, Huaorani, Huitotos, Yanomami.

Padre Lino ci parla del suo viaggio di avvicinamento alla missione e all’incontro con gli indios.

“Prima ho preso un grande aereo, poi un piccolo aereo, poi la canoa, tante ore di viaggio e nel frattempo misuravo la distanza fra la mia città e il villaggio. Ma la vera distanza con cui ci si misura con l’altro sono gli ultimi 20 cm che separano il mio volto dall’altrui. Quando vedi l’altro a 20 cm capisci che il colore dei suoi occhi non hanno il colore dei tuoi occhi, vedi che non muove la sua bocca come la tua, senti che parla una lingua diversa e ti guarda in modo diverso: questa è la distanza più pericolosa e più difficile da comprendere”. Le emozioni corrono, corrono molto più veloci delle parole: con le parole ci si può ingannare, ma l’emozione va più in là delle parole e attraverso un gesto o una espressione capisci chi è l’altro.

Un giorno andando in canoa con Naidenama (capo tribù Huitoto) mi ero portato dei libri per capire chi fossero i Huitotos e lui mi disse “prendi i tuoi libri che parlano dei Huitotos e buttali tutti nel fiume. Se tu vuoi conoscere noi devi relazionarti con noi non con i libri; questo non lo diciamo noi, lo dite voi qui non c’è il nostro cuore”. Il problema di molti antropologi a tutt’oggi è che descrivono l’altro, ma non hanno il coraggio di guardare oltre questi ultimi 20 cm.

Gli indios Huaorani hanno avuto il primo contatto con il mondo bianco nel 1956. Nel 1541 i bianchi soldati spagnoli arrivano in Ecuador, scavalcano i 4.000 m delle cordigliere di Quito, si tuffano giù nella foresta per andare alla ricerca dell’albero di cannella e qui incontrano vari gruppi di indios. L’umidità della foresta fa morire molti soldati equipaggiati con elmi e cianfrusaglie di ferro addosso. Quando si trovarono di fronte ad un grande fiume, proprio dove si incontrano il Napo e il Conga, decisero di proseguire “morire per morire indietro non si torna” e 6 mesi dopo raggiungono l’oceano. Da allora l’Amazzonia è stata invasa, anche se ci sono almeno due gruppi indios che non hanno ancora avuto nessun contatto con il mondo bianco.

Vivendo con gli indios si capisce che gli indios e la foresta sono due realtà che vanno a braccetto: uno senza l’altro non possono vivere. Il grande sogno della foresta e dell’indio qual è? È il canto del guaranì “siamo in continuo cammino alla ricerca della terra del senza male” questi sono i Huaorani, nomadi della foresta. Per vivere disboscano una piccola area attorno alla maloca per coltivare un po’ di manioca, qualche pianta di banana selvatica. Dopo 5 o 6 anni capiscono che il territorio è già stato sfruttato che attorno non c’è più caccia, bruciano la loro capanna e se ne vanno ad una distanza di due o tre giorni di cammino. Disboscheranno nuovamente ma dopo 5 o 6 anni ritorneranno dove erano già stati, dove avevano lasciato il primo orto e lì ritroveranno di nuovo quello che avevano coltivato e la cacciagione si sarà di nuovo stanziata. Questo rappresenta l’amore tra l’uomo e la foresta.

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I coloni arrivano con 50 capi di bestiame disboscano un ettaro di foresta e subito cresce un’erba rigogliosa; ma terreno dell’Amazzonia è sabbioso, poverissimo e dopo due anni non cresce più niente. Allora si abbatterà altra foresta per avere altra terra, altra terra, altra terra…. La nostra mentalità è sfruttare la terra per vivere, la mentalità dell’indio è “io sono tuo figlio”. I Huaorani avvolgono i defunti nell’amaca li raccolgono in posizione fetale e li mettono sotto terra, perché il morto ritorna al grembo della terra, alla Madre Terra.

Alla sera nel silenzio della foresta si odono dei canti – la lingua Huaorani è molto difficile, nasalizzata e gutturale con suoni che noi non abbiamo – a volte sono di uomini a volte di donne. Il canto degli uomini è quella di un maestro che insegna ai giovani “quando vai nella foresta attento ai rumori: i serpenti fanno solo dei sibili per cui se non stai attento ai rumori ci rimetti la pelle. Attento ai rumori! Attenti a come cantano gli uccelli: ti indicheranno se c’è possibilità di caccia ai cinghiali”. La scuola passa attraverso il canto.

Attenzione però che gli uomini, soprattutto Huaorani, sono guerrieri; come difendono i loro bambini e le loro donne difendono anche la loro foresta e a tutt’oggi non hanno paura di ammazzare con le lance. Non sono solo racconti dei viaggiatori del ‘400 del ‘700; due mesi fa hanno trovato un corpo trafitto da lance in legno durissimo, lunghe 4 metri, dipinte intagliate e decorate con i segni di riconoscimento del proprietario.

Quando vogliamo conoscere l’altro cerchiamo di conoscere la lingua ma la cosa più importante è il linguaggio culturale. La lingua ci mette in comunicazione ma il linguaggio culturale ci fa vivere insieme. La prima volta che mi hanno offerto un braccio di scimmia affumicata, io guardavo di qui e di là per vedere che cosa fare (linguaggio gestuale) ma avevo addosso almeno 20 occhi che volevano i fatti… solo dopo aver assaggiato si sono battuti le mani sulle natiche, sono andati via contenti e mi hanno più guardato (linguaggio culturale). Gli antropologi vanno a incontrare gli indios ma poi quando offrono loro una tazza di chitcas la rifiutano e ciò distrugge la comunione.

Un’altra cosa che voglio raccontare visto che si parla sempre di droghe: i Huitotos ogni sera consumano il rito del mambeo. E’ una delle cerimonie più belle perché ogni sera al centro della maloca il kashico mastica la coca, la assaggia e la fa passare a tutti, segno di comunione e di comunità. Coca, tabacco e manioca sono le tre foglie chiamate sacre. Ma la trasformazione della foglia di coca in cocaina richiede passaggi con 12-14 elementi chimici cominciando dalla calce o dal cemento: si sparge sulle foglie calce o cemento messe in un gran bidone di benzina da cui esce un liquido verdognolo, lo si passa nell’acido solforico, nella candeggina ecc. ecc. fino ad arrivare alla polvere di cocaina. Tutti questi inquinanti sono sparsi nella foresta, nei fiumi, nell’aria. La foglia di coca che dà forza e fa camminare gli indios da secoli senza essere drogati si trasforma nella cocaina di nostra invenzione che inquina e crea morte e violenza nel mondo.
Il mio invito per voi è: conoscere bene l’altro, rispettare la natura ma soprattutto l’uomo: questa è l’antropologia.  Grazie!”

Applausi, domande e grande apprezzamento: è evidente l’interesse e la partecipazione dei ragazzi che hanno imparato con la mente certo, ma ugualmente con il cuore; anche per chi conosce già l’argomento, l’esposizione partecipata e coinvolgente non permette l’indifferenza.

convegno

Si passa ora ad un approfondimento più generale del problema dell’Amazzonia e Graziella propone qualche numero che aiuta a farci un’idea più precisa del contesto: superficie, nazioni, risorse, tesori e unicità. Qualche dato anche sul terribile sfruttamento del territorio – foresta: casa o miniera? – e gli interventi nazionali e internazionali volti alla salvaguardia di un bene insostituibile, quale il polmone del mondo, e alla ricerca di uno sviluppo sostenibile.

Ecco alcune linee guida: Brasile deforestazione Zero è l’obiettivo del governo; Perù consenso informato degli indigeni per progetti che riguardano i propri territori; Colombia corridoio Triple A per interventi di salvaguardia ecologica Ande-Amazzonia-Atlantico; Guyana, protezione del bosco umido tropicale.

E poi: quando si parla di cooperazione internazionale cosa si intende? Nel 2014 nel mondo si registrano 600 Mld. di $ di investimenti privati fruttiferi, 435 di rimesse dei migranti, fondi di cooperazione Ocse 134 + Brics 17, aiuti privati 90. Sono tanti ma non sufficienti: nonostante una maggiore attenzione alle politiche di sostegno (interventi mirati, rispetto dei bisogni delle comunità locali, conduzione partecipata al posto delle cattedrali nel deserto).

Si deve capire che per poter creare vera solidarietà è necessaria l’informazione, la formazione, l’educazione in modo da cambiare lo stile di vita di ciascuno, permettere una vera condivisione di valori e definire politiche di sviluppo veramente sostenibili.

Coltivare e custodire il giardino del mondo. È il messaggio chiaro e imprescindibile che il Papa lancia con l’Enciclica Laudato si’.

“Viviamo la cultura dello scarto materiale e spirituale,
Gli effetti più gravi di tutte le aggressioni ambientali li subisce la gente più povera
L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme: degrado ambientale e degrado umano ed etico sono intimamente connessi…
L’ecologia richiede la cura delle ricchezze culturali dell’umanità.
Non c’è sviluppo sostenibile senza solidarietà fra le generazioni.
Non c’è spazio per la globalizzazione dell’indifferenza.
Costruiamo una ecologia integrale che inizia dentro di noi e si riverbera in tutta la sua potenza al di fuori, con azioni concrete che portino alla pace e a un benessere condiviso…
Se ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura sorgeranno in maniera spontanea…
La libertà umana è capace di superare la tecnica, di orientarla, e di metterla al servizio di un altro tipo di progresso, più sano, più umano, più sociale e più integrale…”.

Per rispondere a tali sollecitazioni nasce nel settembre 2014 la REPAM Red Eclesial Panamazónica, un organismo di cooperazione che raggruppa enti ecclesiali, istituzioni missionarie, Caritas, laici per raggiungere una visione comune del lavoro missionario e di evangelizzazione nella regione. La mission è chiara: custodia integrale e responsabile della regione amazzonica; l’obiettivo è quello di ʺfare reteʺ e porsi come interlocutore profetico nel contesto internazionale per “mettere l’economia al servizio dei popoli, unire i popoli nel cammino della pace e della giustizia, difendere la madre terra – Papa Francesco” .
Ed è proprio da Repam che viene supportato il progetto di riconversione dalla coca al cacao alla cui divulgazione e sostegno si è impegnata l’associazione Impegnarsi Serve.

Ed è di questo che ci parla Laura nel suo intervento.

“Finalmente si arriva al dunque” avranno pensato in molti “dopo ‘sta lunga trafila di dati e informazioni ecco qualcosa di concreto!” I nativi digitali che affollano la sala attendono il prossimo link! E sono subito accontentati.
La sfida che lancia Laura è chiara: noi cosa possiamo fare?

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Siamo a Milano e tutti abbiamo visitato l’EXPO: Nutrire il pianeta energia per la vita significa garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto del pianeta e dei suoi equilibri. Il rispetto per l’ambiente e le comunità coinvolte porta ad adottare stili di vita coerenti con l’uso sostenibile delle risorse.

Impegnarsi Serve è impegnata da anni a far conoscere l’ambiente amazzonico attraverso l’esperienza esistenziale dei popoli che la abitano, mettendo in luce la ricchezza del loro rapporto con la natura. La mostra è un esempio fra i tanti e denuncia come noi tutti stiamo consumando al di sopra dei limiti posti dalla natura stessa. Il confronto fra il vicino e il lontano è un modo con cui si apprezza l’interazione e il condizionamento reciproco delle due realtà.

Di fronte alle emergenze espresse dalla Colombia Impegnarsi Serve risponde con il sostegno l’iniziativa “Dalla coca al cacao”, un progetto di auto-sostenibilità per la produzione e trasformazione del cacao presso le comunità contadine della regione del Bajo Rio Caguan, promosso dai Missionari della Consolata, dal Vicariato apostolico di S. Vicente e coordinato dal comitato di Cacaoteros de Remolino del Caguàn.

piantine

Il progetto parte da lontano: già dal 1994 i Missionari della Consolata stanno tentando – con molta difficoltà – di creare alternative di vita sostenibile ai contadini, minacciati da un lato dal narcotraffico e dall’altro dalla fumigazione dei campi da parte del governo. Ora il contesto sta cambiando; abbiamo accolto con grande speranza il nuovo piano del governo colombiano secondo cui i contadini potranno acquisire la proprietà delle terre a fronte della conversione dei campi di coca in coltivazioni legali. Per la Colombia è un passaggio storico se pensiamo che dal censimento agricolo è risultato che:
– lo 0,4% dei proprietari possiede il 46% dei grossi appezzamenti coltivabili
– il 52% dei contadini possiede l’1% delle terre
L’intervento legislativo si affianca all’accordo di pace siglato fra Governo e Farc (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane) volto a segnare la fine di una guerra fratricida che in 60 anni ha causato 220.000 morti, 5.000.000 di rifugiati, il diffondersi di bande criminali e forze paramilitari oltre ad una iniqua distribuzione della proprietà terriera.

È evidente che tutto ciò darà una spinta positiva al progetto “Dalla coca al cacao” che noi di IS abbiamo deciso di finanziare e al quale vi proponiamo di aderire con una azione concreta: “Dona una piantina” con una donazione di 5€ sarà possibile offrire una pianta di cacao al comitato del Cacaoteros.
L’invito è: visitate la mostra, riflettete, cercate il vostro stile di vita sostenibile, fate un gesto concreto.

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Impegnarsi Serve Onlus è un'organizzazione di volontariato e insieme ai suoi volontari opera in Italia e in numerosi paesi del mondo

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