Padre Francesco Pavese parla dell’Allamano

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Sabato 9 novembre, a Rivoli, abbiamo ascoltato con grande interesse e gioia Padre Francesco Pavese, missionario della Consolata, profondo e simpatico conoscitore dell’Allamano.

Condividiamo con tutti la sua affascinante descrizione del rapporto con il giornalismo, scarica il PDF dell’intervento.

Grazie Padre Francesco Pavese e grazie a tutti i partecipanti.

Prossimo appuntamento il 21 dicembre!


Introduzione

L’Allamano non era uno scrittore, tanto meno un giornalista. Da giovane aveva tentato di scrivere la biografia dello zio S. Giuseppe Cafasso. Appena abbozzate una trentina di pagine, però, si accorse di non essere tagliato per quella professione. Lui era un educatore, soprattutto di sacerdoti e di missionari. Su questo piano la sua azione si espresse ai massimi livelli, sia come rettore del Convitto ecclesiastico e sia come Fondatore di due Istituti missionari.

Tuttavia, non limitò la sua azione al campo educativo, ma seppe impegnarsi e influire in tanti altri settori dell’apostolato. Il vescovo ausiliare di Torino, mons. G. B. Pinardi, diede un giudizio lusinghiero sul vasto raggio d’azione dell’Allamano: «Nessuna iniziativa d’azione svolta ai suoi tempi sfuggì all’irradiamento che partiva dal Convitto della Consolata». Poi passò a parlare dell’influsso dell’Allamano sul “giornale cattolico”, sugli “Operai cattolici”, sulle “Donne cattoliche”. Concluse con questa descrizione: «Il Can. Allamano molti lo ricorderanno sul pronao della Consolata nella primavera del 1921, accanto al compianto Card. A. Richelmy, per assistere alla memoranda sfilata dei giovani: fu una giornata meravigliosa di entusiasmo e fervore, ed il vecchio Sacerdote demolito dagli anni era ancora pervaso da un fremito di vita nuova».

Dobbiamo precisare subito che l’Allamano non fu coinvolto nel giornalismo in generale, ma nel giornalismo cattolico. Anche su questo piano, l’Allamano non era “generico”, ma precisava i confini della sua attività, che era sempre orientata alla promozione umana e cristiana.

Sosteneva attivamente il giornalismo cattolico

Non c’è dubbio che l’Allamano stimasse e sostenesse con convinzione il giornalismo cattolico. Quanti lo conobbero se ne resero pienamente conto. Un suo giovane collaboratore al santuario della Consolata, il can. G. Cappella, che dopo la morte gli successe come rettore, seppe capire l’attenzione concreta dell’Allamano per il giornalismo e non dubitò di fare un’affermazione molto forte, direi addirittura sorprendente, se si tiene conto che l’Allamano era incaricato di altre attività: «Si può definire un pioniere della stampa cattolica, perché quando il giornale L’Unità Cattolica venne trasportato a Firenze, egli intervenne subito, e disse: “L’Unità Cattolica va a Firenze per morirvi. Se l’Arcivescovo mi dà l’autorizzazione, in pochi giorni raccoglierò i fondi necessari per fondare un nuovo giornale”. Difatti, in pochi giorni, raccolse circa centomila lire, e fu fondato il nuovo giornale L’Italia Reale». L’Allamano fu nominato presidente del comitato direttivo di questo giornale.

Al riguardo è pure significativa la testimonianza del giornalista C. Franco: «Quando […] venne fuori il giornale L’Italia Reale, l’Allamano fu dei pochi che non si accontentarono di belle parole e di sterili auguri, ma vi concorse con ripetute offerte». Ancora la testimonianza di mons. Pinardi: «Venne in aiuto al foglio cattolico col suo forte ascendente, aiutandolo con idee pratiche e con larghe sovvenzioni in denaro».

La presenza attiva dell’Allamano nel campo sociale e, in particolare, in quello del giornalismo è raramente testimoniata. Un altro sacerdote collaboratore, che è vissuto accanto molti anni, il can. N. Baravalle, depose nel processo di beatificazione: «Le forme più moderne dell’apostolato cattolico, come quello della buona stampa, e altri consimili, non solo erano da lui molto apprezzate, ma largamente aiutate con somme di denaro, che a quei tempi erano abbastanza vistose». E per dimostrare che l’Allamano era coinvolto nel movimento giornalistico, fece un lungo elenco di persone impegnate in questo campo che si riferivano abitualmente a lui, così concludendo: «A tutti era largo di consigli e di direttive che si riscontravano quanto mai pratici e aderenti alla realtà».

Credo opportuno riportare altre testimonianze per inquadrare bene l’Allamano nel campo del giornalismo cattolico. Mons. Bernardino Caselli, giornalista, scrisse: «Ebbi l’impressione vivissima di essermi incontrato con un uomo dalle idee sociali molto larghe e di perfetto equilibrio. […]. Seppi poi da sicura fonte, e potei anche constatarlo personalmente, che il Can. Allamano simpatizzava cordialmente colla giovane scuola sociale cattolica».

Don Alessandro Cantono attestò che, su invito dell’Allamano, fece un «breve corso di cose sociali ai giovani Convittori; venne lui a presentarmi nella scuola. Era suo pensiero che i giovani Sacerdoti nulla dovessero trascurare di ciò che può rendere più efficiente il loro santo e alto ministero. […]. «Era un giusto estimatore del nostro giornalismo, che voleva agile e ben fatto. Mi diceva che certe innovazioni di forma e di tecnica non bisogna avere paura di applicarle».

Il sac. Pittorelli scrisse: «Mi si assicura che il Can.co Allamano fu tra i sostenitori di “Conquiste giovanili” il bel periodico settimanale che la Federazione Giov. Catt. di Torino fece uscire per anno e poi dovette – per cause indipendenti dalla sua volontà – lasciare».

Il can. Attilio Vaudagnotti riferì di un rimprovero dell’Allamano: «Dirò anche d’aver ricevuto una volta da Lui un affettuoso rimprovero perché avevo collaborato sul Momento, quando già usciva il Corriere, patrocinato dall’Autorità diocesana, mentre l’antico giornale dei cattolici torinesi era quasi sconfessato. Non credetti d’aver meritato il rimprovero, perché potei dirgli che avevo ricevuto da S. Ecc. Mons. Gamba il consenso a collaborare ancora sul Momento: tuttavia ammirai il senso fortissimo d’obbedienza che animava il Rettore della Consolata nei riguardi di quella grave e delicata questione giornalistica che allora divideva gli animi».

Come si vede, dai suoi contemporanei viene dipinto un Allamano capace non solo di capire il valore della stampa come veicolo per la diffusione delle idee, ma anche coinvolto nel sostenerne concretamente le iniziative.

Sosteneva i gionali e le persone impegnate

Incoraggiamento al teol. Giacomo Alberione. Mi piace ricordare un episodio significativo. Quando il sacerdote Giacomo Alberione, allora direttore spirituale nel seminario di Alba, sentì il desiderio di dare vita ad un organismo per la promozione della stampa cattolica, gli venne spontaneo rivolgersi all’Allamano, per avere un consiglio sicuro. Di lui si fidava ciecamente, perché era il suo consigliere spirituale privilegiato. L’Allamano seppe comprendere subito, nonostante il parere diverso di molti, che la speciale vocazione dell’Alberione era genuina e proveniva dallo Spirito. È lo stesso Alberione a farcelo sapere venti anni dopo, sia pure in modo alquanto discreto: «So di un Sacerdote [certamente si tratta di lui, anche se non lo dice] che ricorse all’Allamano prima di ritirarsi dalla santa opera di zelo a cui stava intento [come direttore spirituale], per consacrarsi ad altre opere cui un interno movimento di grazia sembrava invitarlo. L’Allamano sentì e pregò: poi rispose con poche, ma decisive parole. Il caso era difficilissimo: ma le prove di una ventina d’anni gli diedero del tutto ragione. Eppure bisogna dire che in quel momento erano molti i pareri contrari». Non c’è dubbio che il consiglio dell’Allamano è stato decisivo per la fondazione dei Paolini e, di conseguenza, per dare una forte spinta al giornalismo e, più in generale, alla stampa cattolica a partire dell’inizio del ventesimo secolo.

Questa testimonianza dell’Alberione è confermata da quella del P. Giuseppe Caffaratto, che lo incontrò nel seminario di Alba e si sentì dire: «Lei è della Consolata, dell’Istituto del Canonico Allamano. Io conservo sempre tanta riconoscenza al Canonico Allamano perché agli inizi della mia congregazione, mentre quasi tutti i sacerdoti mi erano contrari e mi dicevano: “Pianta lì con i tuoi giornali e la tua stampa!”, lui mi diceva: ‘Vai avanti, vai avanti!’. E mi fu di grande incoraggiamento».

Per il giornale “La Voce dell’Operaio”. Riporto un altro fatto, che dimostra il sostegno dell’Allamano al giornalismo cattolico. Si tratta del giornale intitolato “Unioni Operaie Cattoliche”, sorto nel 1876 (che nel 1883 cambiò in “La Voce dell’Operaio”), per iniziativa di un gruppo di dirigenti delle “Unioni Operaie Cattoliche”, sostenuti dal teologo Leonardo Murialdo, che di questioni operaie era molto esperto. Il giornale doveva essere il collegamento delle varie Unioni Operaie Cattoliche, ed essere non solo per gli operai, ma anche redatto da un operaio. Questo redattore fu il Sig. Domenico Giraud (1846-1901), carrolico fervente, che era segretario della conceria del Sig. Pietro De Luca. Lo stile del Giraud, che non era un letterato, «era chiaro, intellegibile, popolare, cosìcché i suoi articoli, sempre vibranti e pieni di fede viva e di amore franco e leale per il ceto operaio, erano letti avidamente». Con il tempo, però, il Giraud non fu più in grado di impegnarsi nel giornale, soprattutto per il lavoro pressante come segretario della conceria. Quando il Giraud sembrava deciso a chiudere, il Murialdo gli disse: «Perché non sentire il consiglio del Canonico Allamano».

Qui ci aiuta a capire il racconto del can. Giuseppe Cappella, che collaborava da vicino con l’Allamano: «Al fondatore [del giornale] Sig. Giraud che in un mese di novembre (1889) gli annunciava di dover egli sospendere la pubblicazione del giornale, perché soverchiamente occupato nella direzione della Conceria De Luca, l’Allamano gli diceva di ripassare la sera del sabato seguente. Ritornò infatti il Sig. Giraud; l’Allamano aveva dato convegno anche al Sig. Giacomo De Luca, e quando li ebbe tutti due insieme, disse al proprietario: “Qui il Sig. Giraud si lagna di dover cessare la pubblicazione del giornale, prché troppo occupato nella conceria; faccia così: metta un segretario per la conceria che lo aiuti nelle sue mansioni, e il Sig. Giraud pubblicherà il giornale, invece che ogni quindici giorni, ogni settimana”. E così di fatto si fece con soddisfazione di tutti, perché era un giornale che faceva del bene».

Per il “Risvelio Cattolico”. Anche il settimanale “Risveglio Cattolico” di Mondovì ebbe un sostegno dall’Allamano nel suo difficile inizio. A Mondovì era vescovo mons. G. B. Ressia compagno di corso e amico dell’Allamano. Il can. Griseri Giovanni, che fu in lunga relazione spirituale con l’Allamano, testimoniò: «Una volta andai a trovare il Canonico per la fondazione di un giornale d’Azione Cattolica, e ne ebbi non solo l’approvazione, ma un vivo incoraggiamento. Il detto giornale uscì sotto il nome di “Risveglio Cattolico”; ne accettò l’omaggio e ne faceva dare lettura a tavola nel giorno che lo riceveva. Il giornaletto non tardò ad essere preso di mira dal Liberalismo, che studiava di farlo morire a qualunque costo, suggerendo processi, ecc. Fu il Can. Allamano che mi esortò a farlo pubblicare da Tipografia propria; così si fece; e terminarono presto i processi».

Per “La Croix”. L’Allamano non intervenne direttamente nella fondazione del giornale “La Croix”, ma probabilmente ebbe un ruolo di ispirazione o incoraggiamento. Il P Lorenzo Sales, primo biografo dell’Allamano, scrisse: «Fu infatti verso il 1883 che il P. Paul Bailly [Agostiniano dell’Assunzione], in occasione di una sosta a Torino nei suoi frequenti viaggi da Parigi a Roma, recatosi per una visita al Santuario della Consolata, ebbe l’ispirazione di dare ai cattolici di Francia, a presidio della lor fede, quell’arma potente che è il quotidiano. E proprio lì, ai piedi della Vergine Consolatrice, pensò al titolo “La Croix”. Era lo stesso P. Bailly a ricordare questo fatto nelle sue successive visite al caro santuario, in occasione delle quali non mancava mai di salire a ossequiare il Rettore».

Il giornalista Elio D’Aurora, autore di una piccola biografia dell’Allamano, scrisse: «L’Allamano concorre pure alla fondazione del più fmoso giornale catolico europeo: “La Croix”. Pierre L’Ermite, che mi onora con la sua affettuosa amicizia, mi ha ricordato recentemente a Parigi un aneddoto in merito a Padre Bailly, fondatore del quotidiano cattolico francese. Quando [il P. Bailly] mi parlava degli italiani aveva parole di commozione per il Can. Allarmano, Rettore della Consolata. “Ai piedi dell’altare della Madonna mi è nata l’idea del titolo La Croiz”».

A mons. B. Caselli: “avanti, avanti”! Si può aggiungere un altro fatto ugualmente bello, che conferma la capacità dell’Allamano di sostenere quanti erano impegnati nella stampa cattolica. B. Caselli, sacerdote e giornalista, fece visita all’Allamano ormai anziano e seriamente ammalato. Desiderava sentire da lui una parola sicura sull’impegno giornalistico dei cattolici in Piemonte, in un momento di particolari difficoltà. Ecco come descrisse l’incontro: «Anche sul letto di morte, poche ore prima di rendere la sua bell’anima a Dio, mi ringraziò di avergli fatto visita e, stringendomi la mano, mi incoraggiò a continuare nel mio arduo lavoro: Avanti, avanti! Non posso ricordare quel santo uomo senza un senso di profonda riconoscenza».

La stampa a servizio della consolata e della missione

Mi piace riportare ancora una interessante testimonianza del Caselli: «Il can. Allamano, quando portava l’occasione, sapeva servirsi del giornale cattolico per le opere a cui dedicava la sua instancabile attività, santuario e missioni, ma lo faceva con tanta discrezione e con così belle maniere che i giornalisti erano felici di mettersi a sua disposizione».

L’Allamano era convinto che attorno alle sue opere era necessario suscitare una cerchia di persone impegnate a sostenerle, tanto che, già nel 1899, diede vita alla rivista “La Consolata”, con il preciso scopo di potenziare la devozione alla Consolata, mentre si iniziavano i restauri del santuario. Con la fondazione dell’Istituto nel 1901, la rivista ampliò gli orizzonti e prese sempre più un timbro missionario, che gli consentì di aumentare l’interesse dei lettori e il numero degli abbonamenti. Dopo la morte dell’Allamano, la rivista si sdoppiò, e la nuova edizione prese il nome di “Missioni Consolata”, che conserva tutt’ora.

Su questo particolare settore di azione l’Allamano fu sostenuto in modo decisivo da un collaboratore d’eccezione, il can. Giacomo Camisassa, Confondatore degli Istituti missionari. Ciò che qui merita sottolineare è che l’Allamano non solo appoggiò la nascita di questa rivista, affidandone la totale conduzione al Camisassa, ma stabilì che i missionari redigessero ogni giorno un diario con notizie circostanziate sugli usi e costumi degli indigeni e sulle realizzazioni della missione, di modo che da essi si potessero trarre notizie fresche per comporre articoli di etnologia e di attualità missionaria. Di più, insisteva perché i missionari stessi scrivessero relazioni e articoli da pubblicare. Dava anche criteri per redigere le notizie: «Mi è impossibile enumerare ciò che dovete dire [sui diari]; vi basti ricordare ciò che fanno ordinariamente le cronache dei giornali e le minute descrizioni che sogliono dare dei fatti che succedono».

Quando il Camisassa era in Kenya in visita alle missioni, l’Allamano, che doveva interessarsi personalmente della rivista, gli scriveva lettere accorate per ottenere materiale pubblicabile: «Dica a Monsignore che scriva roba nuova. Non potrebbe qualcun altro animarsi a scrivere? Sono tanto desiderati certi piccoli bozzetti di missione».

Quei numeri della rivista dei primi anni, sia pure modesti nella veste tipografica, si possono definire ancora oggi un capolavoro per la passione mariana e missionaria che traspira dalle loro pagine ormai ingiallite. L’Allamano ne era soddisfatto, perché constatava di persona l’influsso positivo che quegli scritti producevano nella gente.

Padre Francesco Pavese

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