Sono le 16,00 nella saletta del seminario di Morogoro, Tanzania. Fra 2 ore e mezza il sole si accomoderà comodamente dietro le montagne che circondano la savana circostante, le sue coltivazioni di agave, kasawa, fagioli e scenderà la notte. Arriverà il buio, quello senza luce delle notti africane, rischiarato e riscaldato nei villaggi sparsi nella pianura solo dal focolare nelle capanne.
Morogoro è una città vivace, situata a 200km da Dar Es Salaam e lungo la trafficatissima direttrice Dar-Grandi laghi. Capoluogo di distretto, conta 200.000 abitanti, o almeno così recitano le statistiche perché le case sembrano troppo poche e troppo piccole per contenerli tutti. Siamo ospiti dei Missionari della Consolata: è loro la gestione dei 4 asili in cui svolgeremo l’attività di animazione estiva. L’altra area di animazione, la scuola primaria, è stata costruita dalla Congregazione e ceduta al governo 10 anni or sono.
La saletta del seminario è diventata la nostra centrale: tutti i pomeriggi alle 16 ci incontravamo per pianificare l’attività del giorno successivo: i canti, i balli, i giochi per i bambini da assemblare per gli asili, la lezione di inglese per la scuola primaria. Oggi è l’ultimo giorno, nessun gioco e nessuna lezione, sembra incredibile dover iniziare il viaggio di ritorno. P Gabrielesky ci chiede che cosa è rimasto di questi giorni passati in Morogoro. La prima cosa è una bellissima testimonianza di chiesa Africana da parte dei missionari giunti qui da tutte le aree africane: il loro spirito missionario che si traduce in disponibilità ed accoglienza accompagnati sempre dal sorriso ci ha colpito profondamente. E poi tutto ciò che abbiamo vissuto negli asili e nelle scuole, così difficile da raccontare. Come spiegare gli occhi dei bambini negli asili durante un canto, o un gioco, la gioia incontenibile alla vista di un pallone vero, fatto di gomma e non di stracci e plastica, i sorrisi quando gli sguardi si incrociavano? E come raccontare le lezioni davanti a 100 alunni senza un libro, con un solo quaderno ed una matita cinese rotta? Per farlo dovremmo ricopiare tutto il diario di Riccardo e Kevin giorno per giorno, e forse non basterebbe. Emozioni, ecco cosa ci porteremo a casa. Emozioni, la sensazione di esserci fatti contaminare ed aver contaminato un’altra cultura, la certezza di aver fatto del nostro meglio in questi giorni per lasciare un po’ di noi, e che ciò che abbiamo fatto è solo un granello di sabbia nell’orto del Signore, ed infine la consapevolezza che dopo di noi ci saranno altri ed altri ancora che vorranno incontrare e vivere un’altra cultura senza pregiudizi e a cuore aperto.